Casualmente ha avuto inizio il mio percorso nell’arte contemporanea. Ho una formazione storica, con una laurea in Lettere Moderne, una specializzazione e un dottorato in Storia dell’Arte, con una ricerca sulle collezioni di arti decorative a Napoli fra l’800 e il 900.
Ai primi progetti espositivi sono arrivata dopo un percorso ricco di esperienze diverse, ma tutte formative: dalle collaborazioni con la Soprintendenza al Polo Museale, con quella ai Beni Architettonici, con la Direzione Regionale, fino a RAI Educational presso il Centro di Produzione RAI di Napoli.
Con il lavoro ho avuto la fortuna di incontrare artisti d’eccezionale valore, che si sono poi rivelate anche persone meravigliose. Con alcuni di loro si è creato un solido rapporto di amicizia. Nel 2006 con un gruppo di amici creammo un’associazione culturale NArt, con cui ebbe inizio il mio percorso nelle “arti vive”, con una grande voglia di indipendenza. Lo scopo principale di NArt era di connettere arte contemporanea e attività nel campo del sociale. Questa missione si concretizzò nel progetto Gilgamesh, un laboratorio artistico di Bruno Fermariello con i ragazzi dell’Istituto Penale Minorile di Nisida, a cui seguì una mostra tenuta a Castel dell’Ovo e quindi in Messico. Il lavoro con quei ragazzi eccezionali mi fece capire quanta energia positiva potesse scaturire dall’arte contemporanea. Quindi nel 2007 con Bruno decidemmo di metterci ancora alla prova con un progetto teatrale che coinvolgeva i ragazzi dei Quartieri Spagnoli. Fu proprio con loro che, nel 2008, mettemmo in scena Andreuccio da Perugia – Azione di Arte e Teatro al Teatro Nuovo di Napoli, una pièce teatrale, di cui Bruno curò regia e scenografia. Successivamente iniziarono alcune collaborazioni con associazioni non governative attraverso i progetti umanitari in Africa organizzati dal fotografo Mauro Fermariello, di cui ho curato diverse mostre: indimenticabili sono stati i progetti Gulu e Lacor Hospital. Da quel momento ho quindi collaborato con quasi tutti gli artisti napoletani – che ho sempre privilegiato nel mio lavoro – e artisti provenienti da altre realtà: Fabio Donato, Cesare Accetta, Lino Fiorito, Oreste Zevola, Peppe Manigrasso, Christian Leperino, solo per citarne alcuni, e poi Luigi Ontani, Donatella Spaziani, Joel-Peter Witkin, Filippo Sciascia, Ashley Bickerton. I miei progetti hanno sempre avuto uno sguardo rivolto alla storicizzazione del teatro di ricerca: Teatro Studio Caserta con Toni Servillo, Vittorio Lucariello con Spazio Libero, ecc. ecc. ecc… e altro ancora.
Napoli è una città con un’enorme energia creativa. Il problema è nell’organizzare tutto questo potenziale creativo e valorizzarlo nel modo adeguato. Ho già detto in altre interviste che Napoli sta vivendo un momento difficilissimo dal punto di vista della cultura: non esiste un progetto organico e di ampia visione. Esistono singole realtà pubbliche e private che stanno facendo da sole un ottimo lavoro (penso al Museo Madre, o tante gallerie storiche e altre più giovani), ma manca un’armonia progettuale per la città che dovrebbe venire soprattutto dal pubblico, che purtroppo spesso non valorizza nel modo adeguato le eccellenze culturali e artistiche presenti, o gli operatori da anni attivi sul territorio, anzi…
Svolgo un lavoro che amo e da cui ho tratto molte soddisfazioni, ma che richiede molti sacrifici, perché spesso non esistono per me né orari, né giorni festivi. Per questo non sempre è facile far coincidere tutto. Ho avuto mio figlio Carlo circa 12 anni fa, appena vinto il dottorato di ricerca all’università, per cui mi sono subito dovuta abituare a fare in modo che tutto coincidesse, far sì che nelle mie giornate tutto fosse un incastro perfetto, o quasi. Ho sempre coinvolto mio figlio in ciò che facevo, lo portavo con me ovunque e lo faccio tutt’ora. È un mondo molto stimolante e, per mia fortuna, lui ha sempre mostrato curiosità per questo lavoro e per l’arte in generale. A tal punto che oggi è il mio più bravo aiutante!