Dal testo di presentazione di Mario Franco
Marisa Ciardiello si diploma in scultura all'Accademia di Belle Arti con Emilio Greco (che le dedica un bel ritratto in bronzo) e già nel 1960 vince il Premio Olivetti per la scultura dimostrando immediatamente la sua padronanza con le tecniche di modellazione, più varie (pietra, terracotta, gesso, bronzo, cera) dando vita a figure palpitanti, coinvolgenti, traendo ispirazione da un mitico, impreciso mondo
classico senza una vera connotazione temporale, con effetti di notevole forza espressiva. Altrettanto importante, nella sua dimensione artistica, è il disegno ed anche qui la sua bravura trova subito un riscontro importante fin dal 1962 con il premio Lions. Ed in questa mostra, la Ciardiello mostra i suoi più recenti lavori scultorei ed anche un’ampia selezione di disegni.
Nella successione delle immagini disegnate, Marisa costruisce una sorta di 'film mentale’, con un segno pastoso o, più volte, sottile ed
elusivo, dove l’epifania è l'apparizione di un corpo o di un volto, che si configura come flusso di coscienza, visione rivelatore di un’autobiografia dissimulata, quasi a segnare una distanza che separa il mondo dei sentimenti dai personaggi che hanno popolato la
sua vita e la sua storia.
Schietto, più naturale e impulsivo di qualsiasi altro elemento espressivo, il disegno è la base della lingua visiva, scaturisce da un sentimento di libertà, dal piacere del movimento della mano e della grafite e dal fervore della creazione di forme come mondo in
espansione, come continuo incrocio di istinto e sapienza tecnica.
La cifra potente della Ciardiello è nella scultura, strumento con il quale l’artista sembra cercare un prolungamento degli oggetti nello
spazio in cui vivono, sino a modellare l'atmosfera che circonda la scultura stessa e a stabilire un nesso di continuità e di coerenza tra
l'infinito plastico esteriore e l’infinito plastico interiore. La padronanza di materiali diversi, di metalli - che vanno dal bronzo all’alluminio, dal rame al piombo - serve ad interpretare e raccontare il lato nascosto (la “dead zone”) della realtà. A guardare con attenzione queste
sculture, scopriremo l’amore per il vuoto, per la forma cava che svela l’arbitrio plastico del piombo, la fatica e la forza che dalla mano
procede verso un materiale sensibile al tatto, che accoglie nuove figurazioni intessendo punti di risonanza ai confini di ciò che riflette e
trasforma. Si guardi il piede alato e due volte mercuriale che inventa un altro modo di fare immagine senza gli imperativi tecnici del
formare (ricalco e fusione). Un piede in piombo, ma anche il volo frenato di un colombo o una serie di volti che Marisa Ciardiello poggia, suggerendo paesaggi urbani, su una ringhiera di balcone, creando così microscenografie che «distanziano» emozione e coinvolgimento. Il balcone, svincolato dalla sua funzione specifica, rivela un evidente desiderio di frammentare la continuità del tessuto vitale e di procedere oltre, nella discontinuità del “dentro-fuori”: in casa, ma anche all’esterno. Come a teatro, il balcone con la sua instabilità, la sospensione nel vuoto, mostra l'uomo preda del Fato, trascinato al suo destino. Ma il teatro di cui si serve la Ciardiello è a volte luogo dell’illusione trionfante, altre volte luogo del disincanto.
Sulla scena evocata da questi balconi, la scultura è di piombo, un metallo tenero, denso, duttile e malleabile, di colore grigio scuro, ricco di significati alchemici e di significati simbolici: elemento velenoso, sinonimo di proiettili per armi da fuoco e di caratteri per la
stampa. Il piombo è usato dalla Ciardiello per ottenere forme vuote, cavità che derealizzano la propria forma come il negativo che si
sottrae alla sua funzione di semplice matrice per affermare una propria produzione di verità. Le sculture esibiscono il loro esser vuote, la loro mancanza di consistenza che a volte è necessario imprigionare con una cucitura metallica, come si cuce una ferita, uno
strappo nella carne viva dell’opera. Il piombo consente all’artista di comporre forme totalmente autonome e libere da ogni vincolo di
realistica rappresentazione per suscitare sentimenti, emozioni. La sensibilità artistica della Ciardiello, infatti, non ricerca la naturalezza
della figura, bensì mira a esprimere il valore metafisico, eterno ed esemplare della rappresentazione. Altrove è un volo d’uccelli bloccati
su una rete metallica che provoca un senso di disagio immediato abbinato ad un sentimento gioioso e leggero. È come cogliere il
dolore dell’esistenza senza però rinunciare al fascino per la vita. La scultura di Marisa è uno strumento di lettura e analisi del mondo, un potente rivelatore dell’inesprimibile.
Ciardiello Marisa - Critica
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